La BCE spiegata al tavolino di un bar

L’impatto della pandemia sull’economia porterà la più grave recessione mai sperimentata in tempi di pace: su questo concordano tutte le previsioni. Come la crisi sanitaria, anche quella economica sarà globale e con caratteri sconosciuti prima. Ed è già entrata nelle nostre vite quotidiane. Per cominciare a conoscerla e a capire gli strumenti per contrastarla, abbiamo immaginato un dialogo con un esperto.

Mmmm… è il cappuccino più buono del mondo.

A chi lo dice… Era da 55 giorni che non ne prendevo uno. E oggi, anche se in piedi e senza sfogliare il solito giornale sul bancone, mi pare un sogno! Ci voleva una pausa.

Altro che pausa, qua tutti stiamo in pausa.

Io no, insegno economia, il lavoro mi si è triplicato di questi tempi. Le lezioni online, e poi le interviste in tv, gli interventi sui giornali, i webinar.

Vabbè, lei almeno lavora. Luigi, il nostro barista, oggi incassa i primi soldi da due mesi. E c’è un sacco di persone – commercianti, artigiani, professionisti ecc. – che come lui non vedono un euro da fine febbraio. Oltretutto è prevedibile che la ripresa sarà lenta. Non sono un esperto come lei ma, se ho capito bene, adesso tutte queste persone saranno aiutate dallo Stato attraverso il rinvio di tasse e bollette e attraverso le banche con prestiti a fondo perduto e a tasso agevolato. Giusto?

Giusto, fino a un certo punto. Il rinvio delle tasse è stato deciso subito. Per le bollette è diverso: sono state sospese solo nei Comuni delle zone rosse, quelle chiuse sin dall’inizio al Nord. Per i prestiti è un discorso a parte: piccole imprese e professionisti possono chiederlo fino a 25mila euro con garanzia pubblica al 100%, che si riduce per prestiti sopra quella soglia. Inoltre, gli autonomi per la prima volta hanno avuto una specie di “cassa integrazione”, cioè un sostegno che varia dai 600 ai 1000 euro per il lavoro perso. Invece i dipendenti hanno la cassa integrazione, che è stata allargata tantissimo: adesso copre anche i dipendenti delle imprese piccole e piccolissime. Se Luigi avesse un garzone in regola, potrebbe chiedere la cassa.

Ma lo Stato italiano, da dove prende questi soldi? Immagino dalle sue riserve e prevedendo in un prossimo futuro nuove tasse (solidarietà, patrimoniale ecc.). Altrimenti si indebita con l’Europa. Giusto?

Non corra. Prima di tutto, non esiste un tesoretto di “riserve”. Lo Stato italiano era già indebitato e tanto. E non vedo, per ora, la possibilità di nuove tasse. È un tipo di intervento assolutamente sconsigliato nel momento della massima crisi, perché, come dicono gli economisti, la manovra sarebbe pro-ciclica, cioè andrebbe nella stessa direzione dell’economia: se questa sta cadendo, aggraverebbe la caduta.

Questo lo pensa lei ma non è che qualche economista o, soprattutto, qualche politico sta pensando a prelievi patrimoniali o forzati, in qualsiasi forma?

Mi pare che il rifiuto di alzare le tasse nella fase di emergenza sia pressoché unanime. Nel medio periodo, come dicevo, le cose stanno diversamente. Ma qualsiasi governo dovrà muoversi con enorme prudenza, per evitare crisi di fiducia tra i risparmiatori: la semplice ipotesi di un prelievo forzato, per esempio sui conti correnti, scatenerebbe il panico. Diverso è il caso della patrimoniale, che è una scelta politica: tassare i redditi o i patrimoni? Quali redditi e quali patrimoni? Ma non mi infilerei in questa discussione ora. No, in una fase di crisi improvvisa e profonda è corretto e giusto ricorrere al debito pubblico. Ma non è che noi ci indebitiamo “con l’Europa”. Il governo italiano si indebita con i risparmiatori che prestano soldi comprando titoli di Stato (BOT, Btp ecc.). Il problema è che lo fanno tutti, anche gli altri Paesi europei, e dunque bisogna vedere quanto alti sono gli interessi che bisogna pagare per attirare il risparmio.

E che c’entra l’Unione europea?

Prima di tutto, secondo le regole che c’erano prima del Covid, fare deficit eccessivi era proibito (si ricorda l’austerità?). Adesso invece quel vincolo è stato sospeso per far fronte all’emergenza, e i governi possono andare in deficit anche oltre il 3% del Pil. Noi quest’anno arriviamo al 10%. Ma c’è un altro problema ed è il costo del debito pubblico, che non è uguale per tutti i Paesi. La differenza tra quello che il governo italiano paga sui suoi titoli e il tasso tedesco – il famigerato spread – può salire e mettere nei guai un Paese debole come il nostro: l’Italia, per piazzare i suoi titoli sul mercato, già adesso deve promettere un tasso più alto di quello tedesco, perché i titoli pubblici di Berlino sono considerati più sicuri. Se questa differenza cresce, sale la spesa per gli interessi.

Vuol dire che l’Europa non ci può aiutare? Non può usare i suoi capitali?

L’Europa non ha suoi capitali. Non ha entrate fiscali. Il bilancio dell’Unione è piccolissimo, attorno all’1% del prodotto di tutta la zona, alimentato dai bilanci pubblici degli Stati membri. Qualcosa può fare ma, per farlo, deve mettere d’accordo tutti gli Stati. Finora si è concentrata sui meccanismi per far avere ai governi prestiti a condizioni più sicure e convenienti: sono il “Sure” e il “Mes”, di cui avrà sentito parlare. In tutti e due i casi, l’Europa non usa capitali “propri”, ma fondi presi a prestito dai mercati e prestati ai governi. Solo una minima parte, messa lì come garanzia, è di capitali propri, che a loro volta vengono dai bilanci pubblici degli Stati nazionali.

Dove sta il vantaggio?

Nel fatto che, essendo emessi nell’ambito del sistema europeo, sono titoli super-sicuri. L’Europa rastrella prestiti a condizioni buone e li “gira” ai governi a patto che i soldi siano usati, nel caso del Sure, per finanziare le spese per la disoccupazione e, nel caso del Mes, per la spesa sanitaria diretta e indiretta. Il Mes esisteva già prima, era stato introdotto ai tempi della precedente crisi economica ma allora i fondi erano elargiti a condizioni molto ferree: in sostanza, il governo che chiedeva il ricorso al Mes si metteva sotto tutela e doveva poi rientrare in tempi rapidi con le politiche di austerità. Nel “nuovo” Mes, quello per il coronavirus, queste condizioni sono state tolte.

Quindi il nuovo debito che stiamo facendo è tutto garantito dall’Europa?

Niente affatto. Sure e Mes copriranno, per gli Stati che li chiedono, solo una minima parte del nuovo debito. Il grosso del nuovo debito che facciamo lo andiamo a collocare sul mercato. Il contributo più importante del sistema europeo, se reggerà, sarà quello di tenere bassi e uniformi i tassi a cui dovremo remunerare – cioè ripagare – questo debito. E qui entra in gioco la Bce, la Banca centrale europea.

Che cosa fa la Bce? Compra i titoli pubblici dei vari Stati?

Per statuto, la Bce non può comprare direttamente i titoli di Stato dei governi. I suoi obiettivi sono la stabilità dell’euro e la lotta all’inflazione. Compra i titoli pubblici dalle banche, non direttamente dagli Stati, giustificando il suo intervento con l’obiettivo della stabilità monetaria. Sono programmi – il famoso “bazooka” di Draghi – che hanno salvato l’euro nella crisi del 2010-2012 e adesso sono stati attualizzati per la crisi del Covid 19 con il cosiddetto Pepp.

Che cos’è questo Pepp?

Un’altra sigla che sta per Pandemic Emergency Purchase Programme: in pratica, la Banca europea può comprare titoli fino a un valore di 750 miliardi di euro per contrastare i rischi economici della pandemia. Questo sarà lo strumento per tenere a bada eccessivi rialzi degli spread, cioè dei tassi di interesse per i Paesi deboli.

Non ha risposto alla mia domanda di prima: ma la Bce come fa a comprare i titoli, adesso anche quelli “spazzatura”? Stampa moneta?

La Bce non emette direttamente le banconote ma decide, in base a criteri fissi, quante banconote devono stampare le banche nazionali. Non ha grande discrezionalità sull’aumento della moneta circolante; ma acquistando titoli dalle banche, come abbiamo visto prima, di fatto è come se aumentasse la liquidità in circolazione. Lo fa ricorrendo alle sue riserve, che poi sono le nostre, ossia dei Paesi dell’area dell’euro. La forza deriva proprio dall’essere messe insieme.

Ma ci basta?

No. Prima di tutto poiché, come dicevo prima, ci sono limiti di tempo e quantità. Poi perché ci sono malumori politici, soprattutto da parte dei Paesi del Nord, per adesso tenuti a bada ma in futuro chissà: agli inizi di maggio la Corte costituzionale tedesca ha piazzato una specie di bomba a orologeria sotto la Bce, dicendo che quei programmi di cui abbiamo parlato finora sono legittimi solo se “proporzionati” e la valutazione spetta alle Corti dei singoli Stati e non a un giudice sovranazionale come la Corte di giustizia europea. Terzo, poiché la stessa Bce dice: ragazzi attenti, noi facciamo tutto il possibile ma il resto tocca a voi, cioè alla politica fiscale. E qui torna in gioco quel piccolo bilancio europeo di cui parlavo prima, che adesso si pensa di aumentare un po’, con il cosiddetto “Eurofund”.

Vabbè, ma se è solo una rete di protezione… come si fa a raccogliere quelli che sono già caduti, o a curare le ferite?

Non possiamo chiedere alla Bce di fare tutto e risolvere la più grave crisi vissuta dal mondo occidentale in tempo di pace solo con gli strumenti della politica monetaria. È come chiedere a Luigi di fare insieme al cappuccino anche la pizza. Godiamoci il cappuccino, ma cerchiamo insieme una buona pizzeria. Visto il momento, da asporto.