L’Italia tra le stelle

Nel 1964 il nostro Paese entra nel programma spaziale. Ed è un successo. Negli anni ‘90 parte l’epopea dei nostri astronauti

Correva l’anno 1964. Gigliola Cinguetti trionfava al Festival di Sanremo intonando “Non ho l’età”. Nei cinema risuonava il celebre fischio colonna sonora del film “Per un pugno di dollari”. Alla tv i ragazzi assaporavano per la prima volta pane e Nutella, mentre l’Italia diventava più piccola con il completamento dell’Autostrada del Sole. Un anno di svolta, quel 1964, in cui l’Italia imboccò la sua strada verso le stelle diventando la terza nazione al mondo a lanciare un satellite in orbita dopo Stati Uniti e Unione Sovietica.

“San Marco 1”, una sfera di 66 centimetri per 115 chili capace di misurare la densità dell’alta atmosfera in modo continuo e con una precisione mai raggiunta prima. Con quel lancio, avvenuto il 15 dicembre dal poligono americano dell’isola di Wallops in Virginia, il nostro Paese entrava da protagonista nella storia della conquista dello spazio.

Dopo questo primo successo, l’Italia si dotò di una propria base di lancio a Malindi, in Kenya: era la prima al mondo su piattaforma oceanica, realizzata in soli due anni da un gruppo di docenti universitari e di ufficiali dell’Aeronautica. Da qui partirono anche gli altri quattro satelliti del Progetto San Marco, nato dalla collaborazione con gli Stati Uniti. Un partner imprescindibile anche quando nel 1977 da Cape Canaveral venne lanciato Sirio, il primo satellite italiano per le telecomunicazioni che aprì la strada a missioni di tipo applicativo.

Con lo sguardo sempre rivolto Oltreoceano, l’Italia non dimenticò comunque l’importanza di costruire un’Europa dello spazio: già negli anni Sessanta fu tra i fondatori di due enti, l’Esro e l’Eldo. Unendosi nel 1975, i due enti diedero vita all’Agenzia spaziale europea (Esa), di cui attualmente siamo il terzo Paese contributore.

Il cammino “istituzionale” verso le stelle accelerò nel 1988, quando quello che allora era il Piano Spaziale Nazionale del Cnr divenne l’Agenzia spaziale italiana (Asi), ente deputato ad accentrare tutte le attività riguardanti l’accesso allo spazio. Attività che, nel giro di pochi anni, videro protagonisti i primi astronauti. Il primo fu Franco Malerba, che il 31 luglio 1992 decollò a bordo dello Space shuttle STS-46 Atlantis occupandosi, tra le altre mansioni, di testare il satellite italiano a filo Tethered. Nel 1996 fu il turno di Maurizio Cheli e Umberto Guidoni, che partirono con lo shuttle STS-75 Columbia per la missione Tethered System 1R. Mentre l’Asi continuava a collaborare con Nasa ed Esa per la missione della sonda Cassini, lanciata alla volta di Saturno nel 1997 e operativa fino al 2017 con risultati scientifici importantissimi, ancora oggi in fase di studio, Umberto Guidoni si preparava a salire di nuovo sullo shuttle per diventare nel 2001 il primo europeo a entrare nella stazione spaziale internazionale (Iss) allora in costruzione. Siamo nel nuovo secolo. Attività sempre più serrate portarono nel 2004 al lancio della sonda europea Rosetta che, dopo 10 anni, riuscì a raggiungere la cometa 67P/Churyumov–Gerasimenko per perforarla con un trapano tutto italiano progettato da Amalia Ercoli Finzi del Politecnico di Milano, prima donna laureata in ingegneria aeronautica in Italia. Nel 2007 l’attenzione di spostò sui fenomeni più violenti dell’Universo con il lancio della sonda Agile dell’Asi per lo studio dei lampi gamma, seguito dal lancio dei primi satelliti della costellazione Cosmo-Skymed, progetto civile e militare per l’osservazione radar della Terra. Alla fine di quell’anno venne il turno di Paolo Nespoli che, a bordo dello shuttle STS-120 Discovery, trasportò il Nodo-2 della Stazione spaziale costruito in Italia: nel 2010 arrivarono in orbita altri pezzi made in Italy, ovvero il terzo modulo di collegamento (Nodo-3) e la Cupola che, con le sue sette finestre, ha spalancato agli astronauti un inedito panorama a 360 gradi sullo spazio con vista sulla Terra. Nel 2011 l’astronauta Roberto Vittori partì a bordo dello shuttle Endeavour STS-134 che portava nella stiva il rilevatore per antimateria e materia oscura AMS-02, poi installato sulla Iss. Nel 2012 abbiamo il primo volo del lanciatore europeo Vega, di costruzione e progettazione italiana, e poi la “doppietta” di astronauti da record che abbiamo ancora tutti negli occhi: Luca Parmitano, che nel 2013 è diventato il primo italiano a compiere una “passeggiata spaziale” fuori dalla Iss nel corso della missione Volare (la prima di lunga durata dell’Asi), e Samantha Cristoforetti, la prima donna italiana nello spazio con la missione Futura, la seconda di lunga durata con i suoi 199 giorni di permanenza in orbita. Sempre più impegnata nell’esplorazione, l’Italia ha volto lo sguardo anche verso Marte, con la missione europea ExoMars lanciata nel 2016 con molti strumenti italiani a bordo: conclusa con un imprevisto schianto del lander Schiaparelli sul suolo marziano, ripartirà con più consapevolezza e nuove tecnologie nel 2020. È invece cronaca di questi mesi il lancio della sonda europea BepiColombo, intitolata all’astrofisico padovano Giuseppe Colombo, che è partita alla volta di Mercurio lo scorso ottobre, carica ancora una volta di strumenti italiani. Il 2019 è cominciato sotto i migliori auspici con il lancio, il 22 marzo, di Prisma, il satellite italiano di nuova generazione destinato a rivoluzionare lo studio dell’ambiente dallo spazio, mentre le previsioni parlano di un’estate altrettanto ‘calda’ con il grande ritorno in orbita di Luca Parmitano con la missione Beyond.